L'auto è come una serra, nella quale il calore viene accentuato dal metallo e dal vetro, quindi qualsiasi persona stia dormendoci dentro finisce per sudare e poi svegliarsi, impossibilitato a dormire di più. Quel poveretto cerca di salvarsi aprendo il portellone posteriore, facendo entrare dell'aria, ma arriva un momento in cui neanche quell'aria è sufficiente (aggiunta ai rumori esterni) e restare in auto diventa un'agonia, pertanto è preferibile uscire e iniziare la giornata. Anche perché, diciamoci la verità, visitare Salisburgo per la prima volta non è che faccia tanto schifo... in piedi dunque, spazzolino in zaino, macchina fotografica e cavalletto a tracolla, alla ricerca di un bar dove rinfrescarmi e ritornare a livelli igienici accettabili.
Già da lontano riuscivo a notare la maestosità della parete della montagna che sembrava stoppare la città, tanto da incuriosirmi e dirigermi verso quel colosso, senza preoccuparmi più di tanto se stessi andando bene oppure no. Con il senno di poi era quella la direzione corretta, ma non mi sarei preoccupato se il centro storico si fosse trovato dall'altra parte: c'è del bello ovunque, se si ha occhi per guardarlo.
Salisburgo mi sembrava una Vienna in miniatura, con un miscuglio di stile liberty, barocco, secessionista e a tratti gotico (se mi sbaglio fatemelo sapere, non sono ferrato in storia dell'arte, ancora meno in architettura), un miscuglio ben pensato e che non fastidia la contemplazione della città, unica in quanto sobrietà ed eleganza. Questa è una di quelle città dove vivrei senza battere ciglio, nella quale passerei ogni ora libera passeggiando nel centro storico, degustando un tea nei classici cafè austriaci, il sabato sera ascolterei un concerto classico e ogni mese un'opera lirica (sono abbastanza costose); c'è Madrid ad aspettarmi, lì ho un altro stile di vita che al momento non voglio cambiare, poi c'è il Salento, capace sempre di accogliermi a braccia aperte, perdonandomi ogni volta. Salisburgo dovrà attendere, quindi. Nel frattempo me la godo e pianifico già una seconda visita, magari in un momento in cui avrò voglia di trascorrere una rilassata settimana primaverile.
Le case a ridosso della roccia erano incredibilmente affascinanti, assomigliavano a una Matera pianeggiante e più moderna, con una galleria che sbucava dall'altra parte della roccia, nella quale si sviluppava il resto della città, la parte più moderna. Essendo una galleria solo per veicoli, sono dovuto entrare in un cunicolo di tunnel pedonali, con tanto di negozi e informazioni sulla città, ma non so perché (cioè, lo so perché: perché sono imbranato...non ci sono altre spiegazioni), dopo più di dieci minuti di camminata credevo di sbucare dall'altra parte della roccia e invece mi sono ritrovato dalla stessa parte, cento metri più a sinistra. Ho provato a rientrare e a ripetere l'operazione, ma sono ritornato al punto di partenza. Mah, i misteri di Salisburgo. Ho rinunciato all'idea di riprovarci per la terza volta, avevo paura di auto-umiliarmi; dopo un altro giretto in centro sono ritornato da Africa e ho usato la galleria per visitare l'altra parte della città. Ce l'ho fatta!!
A onor del vero quella parte di Salisburgo era abbastanza anonima, comunque ben fatta e ben elegante, ma preferivo di gran lunga il lato principale. La zona alta della città meritava una visita e con l'auto ci sono arrivato. Ho avuto modo di osservare il panorama di Salisburgo e di faticare fino ad arrivare al castello…che era chiuso! Anche questa volta ho trovato un castello chiuso; un chilometro di salita su strada sterrata e le visite chiudevano mezz'ora prima.
Ho controllato la mappa della città e mi è balzato all'occhio la presenza di un lago in periferia; aveva ogni caratteristica utile perché potessi parcheggiarci vicino e dormire: sosta gratuita, lontana da rumori, tranquilla, non malfamata. Mi ci sono recato e ho passeggiato lungo la riva, con una voglia insistente di scattare una foto con me in lontananza, una di quegli scatti che piacciono a me, nel quale compaio ma non sono il protagonista. Generalmente porto con me il treppiedi, ma stavolta lo avevo lasciato in auto, la mia intenzione era di passeggiare e nulla più, quindi l'unica soluzione che ho trovato è stata appendere la fotocamera ad una parte sporgente della corteccia, con la paura che potesse cadere da un momento all'altro, quindi scattare tre foto consecutive e scegliere la migliore. Sono uscite storte e scure, però è la storia di quell'istantanea che mi piace, e ho piacere a proporvela.
Sulla pagina Facebook AUventura – Davide Urso potete trovare le foto, chilometro per chilometro.